FOOD VILLAGE: street food natalizio a Venezia

Atmosfera da mercatini sudtirolesi ma a Venezia. Questo è il profumo del Natale veneziano che quest’anno si mischia a quello delle molte leccornie che fino all’8 Gennaio si potranno assaggiare nei vari stand allestiti in Campo San Vio e Campo Sant’Agnese.

Un vero e proprio villaggio dei sapori che resterà aperto tutti i giorni dal lunedì al giovedì dalle 16 alle 20, il venerdì-sabato-domenica e festivi dalle 10 alle 20; il giorno di Natale resterà chiuso, il giorno di Santo Stefano e l’1 gennaio sarà aperto dalle 12 alle 20. Il 31 dicembre fino alle 24, per una veloce e saporita cena prima di scappare a guardare i fuochi sopra piazza San Marco.

3 motivi per amare il Carciofo Violetto di Sant’Erasmo

Personalmente ho sempre amato i carciofi, ma essendo veneziana, non posso non amare, in particolar modo, il Carciofo Violetto di Sant’Erasmo.
Sant’Erasmo è la più grande isola della laguna veneta, famosa per essere l’orto di Venezia, qui, infatti, la densità di abitanti per chilometro quadrato è bassissima, proprio per la presenza di grandi distese di campi, tra cui quelle dedicate al raccolto del famoso Carciofo Violetto di Sant’Erasmo.
Se parlerete con la gente del posto, probabilmente vi sapranno elencare migliaia di motivi per amare il Carciofo di Sant’Erasmo, io ve ne dico 3, quelli per cui io ho sviluppato una sorta di dipendenza da “castraura”.

1. SI PUÒ MANGIARE CRUDO

La “castraura”, vale a dire il primo germoglio del carciofo, è talmente buono e tenero, che si può mangiare crudo. Se vi trovate a Sant’Erasmo nel periodo della sua raccolta, intorno a maggio, potrete provare l’ebbrezza di mangiarlo appena dopo essere stato raccolto. Un’esperienza gastronomica da fare, ma se lo preferite, ve lo consiglio anche con un filo d’olio e del limone tagliato a listarelle.

2. È BUONISSIMO IN QUALSIASI MODO LO SI CUCINI

Il secondo motivo per amare il Carciofo Violetto di Sant’Erasmo, secondo me, è il fatto che in qualsiasi modo lo si cucini. Fritto, nel risotto, in un pasticcio, in padella e chi più ne ha più ne metta e se avete occasione, cercate di andare alla Festa del Carciofo Violetto, che si tiene, solitamente, agli inizi di Maggio, qui potrete provarlo in diversi modi, cucinato dalla gente locale che di sicuro, conosce i segreti della sua cucina. La novità di quest’anno era la birra al Carciofo!

3. È UN PRESIDIO SLOWFOOD

Essendo una coltura locale e tipica, esclusivamente, della zona di Sant’Erasmo e poche altre della laguna di Venezia, è diventata un presidio Slow Food, è, quindi, un prodotto salvaguardato e difeso dal degrado ambientale e dalla minaccia dell’agricoltura industriale. Il Carciofo Violetto è un prodotto unico nel suo genere e tutto da assaggiare. Fidatevi!

Lo chef stellato Oldani e Berlucchi, “Ambasciatori del gusto italiano” ad Expo 2015

Il Franciacorta è l’official sparkling wine dell’Esposizione universale, attività ed eventi, sia a Milano che in Franciacorta, per far conoscere ai visitatori il vino ed il territorio.

Come ricorda Giuseppe Sala (Amministratore Delegato di Expo 2015) < l’obiettivo di Expo Milano 2015 è di presentare e valorizzare le eccellenze italiane e sicuramente il Franciacorta rappresenta un prodotto di alto livello qualitativo che sta ottenendo da tempo un grande successo in tutto il mondo >. Casa Berlucchi, è protagonista di alcune iniziative dentro e fuori Expo: a rappresentarla, tre cuvée ’61, i Franciacorta che nel nome riportano l’anno di nascita del primo Franciacorta, come ricorda Cristina Ziliani: «Mio padre Franco, l’enologo che nel 1961 creò il primo Franciacorta, ha sempre creduto nell’enoturismo, e sin dagli anni Settanta apriva le cantine per visite guidate e degustazioni: l’itinerario includeva palazzo Lana Berlucchi, dimora seicentesca di fondazione tardo medievale e nobile residenza di Guido Berlucchi….» Palazzo Lana in questi giorni ha offerto ancora una volta un’esperienza emozionante ai visitatori, ospiti dell’ “aperitivo POP”, iniziativa nell’ambito del programma “Franciacorta in cantina” che prevedeva la visita delle splendide cantine di Borgonato e la degustazione di finger food, creati appositamente da Davide Oldani per l’abbinamento con i tre cuvée “’61”. Davide Oldani è uno degli undici “chef ambassador” designati dall’Expo impegnati a diffondere i valori legati al tema dell’Esposizione Universale: Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita. Propone una cucina “pop”, semplice ma sorprendente. Durante l’evento a palazzo Lana Berlucchi, lo chef mi ha parlato a lungo della cura del dettaglio e della fondamentale scelta degli ingredienti e della preparazione. Semplicità come sinonimo di bontà degli ingredienti ed accessibilità, questo spiega in parte il grande successo del suo chiosco interno ad Expo che si chiama “Zafferano e Riso” che propone pochi ma curatissimi piatti a base di tre ingredienti tipici della cucina milanese: panettone, riso e zafferano. «…Lo zafferano è l’ingrediente che io ho scelto per rappresentare Expo. L’ho scelto perché è un profumo che a me piace molto e soprattutto perché mi ricorda la mia infanzia, con il vecchio risotto giallo o riso alla milanese». Fino al termine di Expo le cantine di Borgonato in Franciacorta sono sempre aperte per visite e degustazioni (www.berlucchi.it/visita-in-cantina/) L’incontro tra il Berlucchi ed Oldani è stato straordinariamente piacevole, suggerisco di visitare il chiosco dello chef stellato all’Expo e di provare il suo riso e zafferano (a prezzi molto accessibili), oppure al suo ristorante D’O di Cornaredo, alle porte di Milano. …naturalmente accompagnando il tutto con lo splendido bollicine ’61! Diana Barrows

Prosecco di Conegliano Valdobbiadene: grandiosa vendemmia per il 2015

Tra i colli di Conegliano e Valdobbiadene sta per cominciare la vendemmia 2015: un’annata d’eccezione!

Un andamento climatico favorevole durante l’estate 2015 stanno per aprire le porte ad una vendemmia di grande soddisfazione per i produttori del Prosecco di Conegliano Valdobbiadene. Nell’area del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore si preannuncia una delle migliori vendemmie  degli ultimi anni. È  al via, dunque, una delle fasi più affascinanti della produzione di questo spumante Docg venduto in oltre 80 Paesi, con un valore al consumo di 515 milioni di euro. Il periodo della raccolta, infatti, è uno dei momenti in cui le colline del Prosecco Superiore mostrano tutta la loro unicità. In questo territorio, che richiede annualmente 600 – 800 ore di lavoro manuale per ogni ettaro, la vendemmia è eroica: basta guardare i panorami del Cartizze per rendersene conto o osservare il lavoro di chi si mette all’opera tra i filari, tra cassette da trasportare a mano e invenzioni originali messe in atto dalle diverse cantine, come l’utilizzo di monorotaie che percorrono le scoscese distese tra Conegliano e Valdobbiadene. Il tutto in una denominazione dalla storia secolare, come testimoniano viti centenarie, che è sempre più attenta all’ambiente applicando la lotta integrata e ricerche innovative, tutte indirizzate a una maggiore sostenibilità della coltivazione della vite e alla conservazione della biodiversità di flora e fauna presente nei vigneti. Le attese per la qualità della nuova annata quest’anno regaleranno ancora più entusiasmo. L’ondata di caldo che ha interessato la zona da metà luglio, ha provocato qualche apprensione, ma allo stesso tempo ha concentrato l’attività della vite sulla maturazione dei grappoli.  Le ultime piogge, inoltre, hanno riportato l’annata nelle condizioni ideali per una vendemmia di alto livello. Da Venezia fare un giro per le magiche coline dove nasce questo invidiabile Vino è un attimo. Approfittatene!   

La Madonna della Salute

La festa della Madonna della Salute: il tradizionale pellegrinaggio, la “castradina” e la storia di questa tradizione religiosa molto sentita dai veneziani

Si avvicina una festività importante per i veneziani: la Madonna della Salute, che si celebra il 21 novembre. Un momento molto sentito dalla popolazione, persino da chi non è credente… il pellegrinaggio alla monumentale Basilica della Salute (che per l’occasione è raggiungibile anche, grazie ad un ponte di barche, da campo Santa Maria del Giglio, sull’altro lato del Canal Grande), l’accensione di un cero, la cena a base di “castradina” (zuppa di carne di montone e verza: il più saporito retaggio di quella Venezia balcanica di cui già abbiamo avuto modo di parlare) sono riti che vanno al di là della religione. La chiesa di cui parlo è uno dei simboli più noti di Venezia. Posizionata alla fine della celebre via acquea, appena prima della Punta della Dogana, quasi in faccia a San Marco, è spettacolare opera barocca di Baldassarre Longhena: un ottagono di marmo bianchissimo, riccamente decorato, sormontato dalla cupola che slancia l’insieme verso il cielo (nelle giornate terse, il colpo d’occhio toglie il fiato). La visita è consigliabile anche per la grande quantità di opere pittoriche ivi custodite, tra le quali numerosi capolavori di Tiziano Vecellio. L’edificio venne eretto come voto alla Madonna per invocare la fine della peste che flagellò l’Italia settentrionale negli anni 1630-1631. Si, proprio quella di cui parla Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi. Allora perché non cogliere questa occasione per rileggerne qualche pagina? E per osservare (anche se solo dall’esterno) la casa in cui Manzoni visse durante il suo giovanile soggiorno veneziano(da ottobre 1803 ad agosto 1804). Si trova in campo san Maurizio, a pochi passi proprio da Santa Maria del Giglio. La passeggiata verso la Salute diventa così ancor più interessante… Testo a cura di Elisabetta Tiveron del blog Panemiele

Street Food a Venezia – Cose assolutamente da assaggiare almeno una volta

Street Food a Venezia : dove mangiare la migliore polpetta, il miglior fritto al cartoccio, il miglior panino e la migliore frittella

Cominciamo oggi una nuova rubrica che potrà essere arricchita anche dai vostri suggerimenti. Attenzione puntata su tutti quei piatti, cicchietti, dolci, e pietanze in generale, che bisogna assaggiare almeno una volta nella vita passando per Venezia. Stiamo parlando sia di street food, cibo da strada, economico ma gustoso e saporito, sia di semplici prelibatezze da mangiare seduti nelle osterie e ristoranti locali, in ogni caso sempre a un prezzo più che ragionevole.

Partiamo con l’aperitivo, stuzzichini grandi e piccini e il dolcetto. Tutti i locali qui sotto si trovano in zone molto vicine a Piazzale Roma e Stazione Santa Lucia quindi sono facilmente raggiungibili a piedi.

DOVE BERE LO SPRITZ

Scegliere un posto per bere lo spritz o l’aperitivo a Venezia non è facile ma tra tutti vi segnaliamo l’Osteria al Timon in Fondamenta degli Ormesini. Oltre a una vasta scelta di vini al bicchiere e uno spritz veramente ottimo, una serie di favolosi stuzzichini adatti a tutti, la cosa più suggestiva è certamente il fatto che si possa bere e mangiucchiare un cicchetto sedendosi in una dei tre barconi che stazionano davanti.

DOVE MANGIARE LE POLPETTE PIU’ BUONE DELL’UNIVERSO

Almeno una volta nella vita bisogna assolutamente provare una delle polpette dell’Osteria alla Vedova, in Strada Nuova, a pochi passi dalla fermata della Ca’ d’oro. Il locale è il classico bacaro dove si respira decisamente un’atmosfera di altri tempi, pochi posti a sedere dove si sta decisamente strettini, ma la gran parte della gente si assiepa nella calle subito fuori dalla porta facendo tranquillamente la fila per una polpetta e un buon bicchiere di vino. Cos’hanno di particolare farmacia online queste polpette? Sono croccantissime, la consistenza è assolutamente perfetta e il sapore decisamente insuperabile.

DOVE MANGIARE IL MIGLIOR FRITTO AL CARTOCCIO

Il Frito Inn è perfetto per chi desidera mangiare in velocità una porzione abbandonate di fritturina di pesce, o verdure pastellate, o patatine, o una bella mozzarella in carrozza. Questo locale dove si mangia solo in piedi è in una piazzetta molto caratteristica a pochi passi dalla Stazione Santa Lucia, vicino al mercato di Cannaregio, in Campo San Leonardo. Il fritto è sempre fatto al momento ed è digeribilissimo. I prezzi sono assolutamente competitivi: un cartoccio abbondante di frittura di pesce 4€.

DOVE MANGIARE UN PANINO VELOCE MA SAPORITO

Il Bacareto da Lele è da molti anni un Must per tutti coloro che vivono Venezia sia come studenti che da turisti. E’ a 300m da Piazzale Roma in un caratteristico Campiello, davanti alla Chiesa di San Nicolò di Tolentino. I piccoli panini con salumi di ogni tipo sono assolutamente irresistibili, sempre freschi, fragranti e appetitosi, e ad un prezzo imbattibile: 1€ ciascuno. Da associare alla classica ombra di vino.

DOVE MANGIARE LA FRITTELLA PERFETTA

La frittella è il classico dolce veneziano che tutte le pasticcerie producono durante il Carnevale. Le frittelle però non sono tutte uguali. Quelle assolutamente perfette, le classiche veneziane senza ripieno con l’uvetta e i pinoli, morbide, fragranti, che si sciolgono in bocca, si mangiano alla Pasticceria da Tonolo, in Calle Crosera. Non sono da meno quelle alla crema o allo zabaione. Tonolo è una pasticceria molto rinomata, con dolci rigorosamente di produzione propria, ed a pochi passi da Piazzale Roma.

Qui sotto troverete la mappa con tutti i locali di cui abbiamo parlato segnati così da raggiungerli più facilmente.

Ristorante la Colombina

Il Ristorante la Colombina a Venezia si caratterizza per una cucina tra tradizione e innovazione

Se, durante la vostra vacanza a Venezia, volete avere l’opportunità di assaggiare una cucina moderna e contemporanea ma con un occhio di riguardo per la tradizione e a un prezzo decisamente ragionevole, vi consigliamo il Ristorante la Colombina in Strada Nuova, in una zona viva a pulsante della città, che conserva intatta l’atmosfera popolare, ma a pochi passi dalla Stazione e da Rialto.

I piatti sono tutti votati al rispetto della tradizione veneziana ma con un occhio di riguardo all’innovazione e alle contaminazioni da altre regioni: come le capesante gratinate ai profumi di Sicilia o il risotto di scampi gamberoni e porcini o le seppie in nero su polenta biologica. Assaggiare il filetto di branzino in crosta di zucchine e vellutata di crostacei o la tartare di tonno e pesce spada su parmantier di patate e brumoise di verdurine è un vero piacere per il palato. La selezione di vini non è da meno. Per chi preferisce andare sul classico vi consigliamo di scegliere tra i cicchetti tradizionali veneziani, come le sarde in saor o il baccalà, che potrete ammirare in tutta la loro colorata varietà, sul bancone. Alessandro Bet, che gestisce il locale e si occupa di preparare i deliziosi piatti, si è documentato sulla cucina veneziana e ha scoperto nel libro di Carla Coco Venezia in cucina, la cucina di credenza, in uso fin da tempi remoti: piccoli antipasti e prelibatezze sempre pronte per ogni evenienza. Al Ristorante la Colombina, inoltre, nella scelta degli ingredienti una certa attenzione è riservata ai prodotti a km 0 e a chi soffre di intolleranze alimentari.

Lo chef Alessandro è figlio d’arte, e porta avanti una lunga tradizione familiare caratterizzata dall’attenzione per il buon cibo e l’arte culinaria. Dopo una laurea in scienze della comunicazione a Trieste con una tesi in collaborazione con Cipriani e Gualtiero Marchesi dal titolo :” L’ estetica del lusso nel mercato enogastronomico”, sceglie Venezia e prende le redini, insieme a mamma Adriana, del Ristorante la Colombina, dove in passato hanno lavorato chef di un certo calibro, come Alberto Modolo, il mitico chef di Jaques Custeau sulla Calipso e di Love boat.

Alessandro e Adriana curano tutto nei dettagli, a partire dall’atmosfera del locale, raffinata ma calda e informale. Il Ristorante si trova in una zona facilmente raggiungibile sia dal Ponte di Rialto che da Piazzale Roma, ma al contempo è in posizione appartata, lontano dalla folla di turisti.

Una delle particolarità che salta subito all’occhio, all’interno del Ristorante la Colombina, è la ricca biblioteca di libri di cucina, che è possibile consultare mentre si degustano le mille delizie culinarie che vi proporrà Alessandro.

I bussolai

I biscotti tipici della tradizione veneziana, da comprare all’Isola di Burano o da preparare a casa

I Bussolai, storici biscotti della tradizione veneziana, sono estremamente facili da preparare, e se conservati al riparo dall’umidità possono avere vita lunga nelle nostre dispense, sempre che si resista alla tentazione di finirli tutti subito. La tradizione vuole che le zie o le nonne buranelle preparino questi biscotti in quantità industriale per poi insacchettarli e donarli a tutti i parenti. La consistenza dei bussolai è molto particolare, e deriva dalla composizione della ricetta, che prevede una grossa quantità di burro. Chi di fronte a questa manifesta presenza di grassi prova a diminuire la quantità di burro generalmente ottiene un biscotto più utile come ferma porte che per la colazione. Dopo avere impostato il forno a 170 gradi, fondete 200g di burro e fatelo raffreddare. Nel frattempo, farmaciainitalia.com/levitra.html sbattete 6 tuorli e uniteci un pizzico di sale, la buccia di un limone grattuggiata, i semi di un baccello di vaniglia e mezzo chilo di farina. Otterrete così un impasto omogeneo che lascerete in frigo avvolto nella pellicola almeno mezz’ora, per permettergli di agglutinarsi per bene. Trascorsa la mezz’ora, tirate la pasta fino ad ottenere degli anelloni più o meno grossi. C’è chi prepara i bussolai grandi come dei pasticcini, chi li prepara grandi come un frisbee. Regolatevi voi. Lasciateli in forno per un tempo che varia dai 15 ai 20 minuti, diciamo fino a quando non li vedete dorati per bene. Consumateli freddi, quando ne avete voglia. Per i maggiorenni, i bussolai sono deliziosi se inzuppati in un buon vino passito. Ricetta a cura di David Marchiori gestore dell’ Osteria Palaplip e ideatore del Blog Incoscienzaatavola

Risotto di Gò

Altro piatto veneziano doc: il risotto di gò

Il risotto di gò è un piatto veneziano piuttosto anomalo, in quanto il (ghiozzo in italiano) è oggettivamente uno dei pesci più ostili da mangiare: brutto da vedersi, abita i fondali più melmosi della laguna, e soprattutto risulta quasi impossibile da pulire. Il ghiozzo, da giovane, viene utilizzato per pescare il branzino. Anomala è anche la preparazione, in quanto il va bollito intero (facciamo un gò grosso a persona, a cui vanno tolti gli occhi, lo stomaco e la coda) in acqua bollente insieme ad una cipolla, due carote e a tre gambi di sedano per circa un’ora. Una volta stracotto, si passa il tutto al passa pomodoro, ottenendo quindi un brodone polposo grigio di gusto piuttosto dolce. E’ con questo farmaciaabuonmercato.com/viagra.html brodone di pesce che si prepara il risotto di gò. Si tosta il risotto con un po’ di cipolla, e si aggiunge man mano che si cucina il riso il brodo di polpa di gò. Una volta pronto, lo si manteca con dell’olio extravergine e del pepe, e un mezzo bicchierino di brandy. Il risotto di gò è un piatto già completo di suo, difficile trovarne delle varianti che lo migliorino o lo rendano ugualmente appetibile. Una buona alternativa, magari per chi non ama particolarmente il gusto di pesce tendente al dolciastro, potrebbe essere quella di aggiungere un po’ di vongole o comunque un pesce con un gusto un po’ più ‘’marino’’ del ghiozzo. Ricetta a cura di David Marchiori gestore dell’Osteria Palaplip e creatore del Blog Incoscienzaatavola

Fegato alla veneziana

Assolutamente da provare il famoso e rinomato Fegato alla venexiana

Il fegato alla venexiana o lo si ama o lo si evita. Il gusto deciso del fegato, infatti, nonostante la presenza mitigante delle cipolle, non passa inosservato. Ma chi lo ama ne mangerebbe sempre, con pari quantità di pane intinto nel piatto. L’ingrediente principale, il fegato di maiale, è stato spesso sostituito anche nei ricettari da quello di vitello, di gusto meno aggressivo. Se siete in quattro prendete 3 cipolle affettate finemente, e le fate appassire dentro un tegame coperto per una ventina di minuti, fino a farle imbiondire. A questo punto aggiungete un bicchiere di vino con tre cucchiai di aceto, e fate cucinare le cipolle ancora per quasi un’ora. Otterrete una salsa con le cipolle ammorbidite alla quale aggiungerete 650 g. di fegato a pezzettini, che vanno lasciati cucinare nella cipolla dai 3 ai 5 minuti al massimo. E’ importante non andare oltre, altrimenti il fegato rischia di sbriciolarsi. Dopo averci sgranato un po’ di pepe godetevelo, se vi piace, o evitatelo se al contrario il fegato non vi piace per niente. Ricetta 2.0 Volendo preparare una ricetta alternativa ma rimanendo nell’ambito delle repubbliche marinare, potete preparare il fegato alla genovese, con un trito di erbe aromatiche (timo,salvia, rosmarino,prezzemolo) al posto della cipolla, nel quale cucinerete il fegato spolverando alla fine il tutto con un pesto di pane, aglio e aceto. Ricetta a cura di David Marchiori di http://www.incoscienzaatavola.it/

Spaghetti “coe cape”

Nella tradizione culinaria veneziana troviamo anche gli spaghetti con le vongole, diversi da quelli alla napoletana

Spaghetti “coe cape“, in italiano “Spaghetti con le vongole“, è un piatto che a Venezia spopola da generazioni, pur essendo di origini napoletane. La versione veneziana ovviamente non prevede pomodoro, in nessuna forma.

LA RICETTA: Se siete in quattro, prendete mezzo chilo di vongole veraci e lasciatele riposare in acqua fredda salata non più di quindici minuti. Questo perché se le lasciate di più incamereranno acqua di rubinetto rilasciando tutta l’acqua di mare che rende speciale questo piatto, a costo di rischiare di trovare un po’ di sabbia (che in caso può essere eliminata in un secondo tempo travasando il sugo da una padella all’altra). In ogni caso, le vongole, prima di arrivare sul banco frigo, passano una serie di passaggi di depurazione che difficilmente rilasciano molta sabbia. Dopo il primo quarto d’ora in ammollo, sciacquate le vongole sotto l’acqua corrente, eliminando eventualmente quelle con il guscio rotto. Saltate le vongole con un po’ di olio e aglio, aggiungendo prontamente dopo due o tre minuti 250 cc di vino bianco secco. Chiudete con il coperchio per circa dieci minuti, e lasciate che le vongole si schiudano. Togliete il coperchio e lasciate asciugare il sugo, ma non troppo, altrimenti non potrete creare il magico “poccetto”. Diciamo che lascerete consumare il sugo finchè non sparirà l’odore dell’alcool del vino. Spegnete il fuoco, e togliete almeno la metà dei gusci delle vongole separandoli dal loro frutto, che rimarrà in padella. Spolverate con pepe nero e un trito di prezzemolo. Fate bollire gli spaghetti tenendoli un minuto sotto la cottura indicata, e versateli nel sugo di vongole. Saltate la pasta finchè la stessa non avrà assorbito il sughino di vongole, creando quindi il torbido e magico “poccetto”, frutto della pasta risottata con il sugo di vongole. Servite in tavola e godeteveli. Se sapete fare la pappa col pomodoro alla toscana, ve la consiglio arricchita di vongole con il loro sugo, ma questa è un’altra storia…. Testo a cura di David Marchiori curatore del personalissimo Blog incoscienzaatavola

La polpetta a Venezia “regina delle vivande”

A Venezia le polpette sono un’istituzione gastronomica

Le polpette rientrano nell’offerta di cicchetti (piccole porzioni di pietanze tipiche da consumare accompagnate da un bicchiere di vino) al banco di tutte le osterie di Venezia. Ai tempi della Serenissima, venivano preparate e vendute dai luganegheri (arte che riuniva chi macellava, lavorava e vendeva carne suina; chi lavorava e vendeva frattaglie bovine; pizzicagnoli; preparatori e venditori di zuppe). Piatto creato per riciclare avanzi? Non sempre. Non si trattava comunque di un cibo povero: oltre all’etimologia (da “polpa”: fettine di carne scelta, battute e farcite, di cui troviamo traccia nei più antichi ricettari), la letteratura ce lo conferma. Nel 1745, Carlo Goldoni inserisce le polpette – come cibo “da signori” – in una delle sue commedie più celebri, Il servitore di due padroni. CAMERIERE. (…) Tenete, signor faccendiere; portate queste polpette al vostro padrone. TRUFFALDINO: Polpette? (prendendo il piatto in mano). CAMERIERE: Sì, le polpette ch’egli ha ordinato (parte). TRUFFALDINO: Oh bella! A chi le òi da portar? Chi diavol de sti padroni le averà ordinade? Se ghel vago a domandar in cusina, no voria metterli in malizia; se fallo e che no le porta a chi le ha ordenade, quell’altro le domanderà e se scoverzirà l’imbroio. Farò cussi… Eh, gran mi! Farò cusì; le spartirò in do tondi, le porterò metà per un, e cusì chi le averà ordinade, le vederà (prende un altro tondo di quelli che sono in sala, e divide le polpette per metà). Quattro e quattro. Ma ghe n’è una de più. A chi ghe l’òia da dar? No voi che nissun se n’abbia per mal; me la magnerò mi (mangia la polpetta). Adesso va ben. Portemo le polpette a questo (mette in terra l’altro tondo, e ne porta uno da Beatrice). Il marchese bolognese Vincenzo Tanara, ne L’economia del cittadino in villa (pubblicato per la prima volta nel 1644) scrive addirittura: Chiama il Cuoco la polpetta regina delle vivande, mentre co’ quella può sodisfare al gusto universale, mediante la diversità degli ingredienti. Di carne, di pesce, di verdure: entrate in osteria a Venezia e… a voi la scelta (nella foto quelle mitiche de l’Osteria Ca’ d’Oro Alla Vedova in Strada Nuova). Per un’immersione nel mondo di Carlo Goldoni  a Venezia: Casa-Museo a San Tomà , inserita nel circuito dei musei municipali. Testo a cura di Elisabetta Tiveron ideatrice del Blog  PaneMiele  

“Gustose parole” di Elisabetta Tiveron

Nuova rubrica su venezia.net: Elisabetta Tiveron ci parlerà di parlerà di Venezia, cibo e letteratura

Un nuove “esperto” si aggiunge alla nostra Redazione. Dopo Davide Busato, che ci parla di misteri e delitti, David Marchiori, con le sue appetitose ricette venete, e Michela Scibilia, attenta conoscitrice del vero artigianato veneziano, si è unita a noi anche Elisabetta Tiveron, anche lei appassionata di cibo, che mensilmente aggiornerà la nuova rubrica “Gustose Parole“, parlandoci di Venezia, cibo e letteratura. Elisabetta Tiveron è nata e cresciuta nella campagna alle porte di Venezia, la passione per il cibo (insieme alla cicatrice di un morso di coniglio sulla punta di un dito) l’accompagna fin dalla più tenera infanzia, quando trotterellava al fianco della nonna materna – inimitabile cuoca contadina – tra aia, campi e cucina, e affiancava (con vanga e rastrello mignon appositamente creati) il nonno nei lavori nell’orto. Dalla mamma eredita l’amore per la lettura, e l’attenzione verso una cucina salubre ed eticamente corretta. Di pari passo, crescono in lei la passione per le tematiche storico-sociali (che sfocia in una laurea in storia, con tesi sulla prostituzione a Venezia durante le dominazioni ottocentesche), la voglia di capire l’umanità che la circonda, di conoscere culture diverse, ma anche di approfondire, riscoprire, non far dimenticare quella di provenienza (Venezia ed il suo territorio sono una miniera inesauribile). Questa miscela l’ha portata anche verso uno stile di vita più consapevole, in cui trovano spazio autoproduzione, scambio, riuso&riciclo. Da anni viaggia prediligendo lo scambio casa; fa inoltre parte del network Couchsurfing. Ma insomma, che cosa fa Elisabetta? Cucina su richiesta, tiene lezioni e laboratori, scrive (libri e articoli), organizza eventi che ruotano intorno al mondo del cibo e dell’editoria. Oltre che con i privati, collabora con associazioni ed istituzioni, sia in Italia che all’estero. Ah… poi danza, crea gioielli utilizzando cocci e pietre che raccoglie sulla spiaggia… e fa la mamma. Per dare un’occhiata ai libri e quaderni pubblicati da Elisabetta andate sul suo Blog: www.panemieleblog.blogspot.com  

Bigoli in salsa

I bigoli in salsa: un piatto culto della cucina veneziana assolutamente da assaggiare

La cucina popolare, si sa, spesso coniuga sacro e profano. E’ il caso dei “bigoli in salsa“, piatto culto della cucina veneziana. Chissà perché, infatti, i bigoli in salsa è storicamente considerato un piatto da “penitenza”, da consumarsi preferibilmente la Vigilia di Natale, il Venerdi Santo e il Mercoledì delle Ceneri. In realtà se non fosse per le oggettive controindicazioni a livello sociale (potrebbe provocare un alito un po’ pesantino…) io lo mangerei pure ogni giorno. Gli ingredienti, infatti, sono pochi ma decisamente adatti per chi ama i sapori decisi, professionisti della forchetta insomma: acciughe e cipolle. RICETTA BASE La ricetta dei bigoli in salsa è semplice: basta prendere 70 grammi di filetti di acciughe scolate (non partite dalla pasta di acciughe, per carità, è un insulto alla ricetta) e scioglierle rosolandole nell’olio extravergine di oliva. Una volta ottenuta una specie di salsa, appunto, si aggiungono due cipolle grosse tagliate finemente alla julienne, lasciandole appassire con il coperchio della padella chiuso. Riaprendo il coperchio, verificato che le cipolle si sono adeguatamente appassite, aggiungete al limite un po’ di acqua di cottura. Occhio al sale! Assaggiate il sugo perché potrebbe risultare terribilmente salato o, au contraire, un po’ insipido a seconda delle acciughe utilizzate. E non dimenticate un po’ di pepe. Tenete i bigoli un po’ indietro nella cottura, diciamo un minuto, e una volta scolati saltate per un paio di minuti in padella con la salsa e un po’ di acqua di cottura se necessaria, fino a quando i bigoli non sono ben permeati dal “sugo”. Per la cronaca, a me piace utilizzare la cipolla di tropea, più dolce e scenografica. RICETTA 2.0 Una variante molto gustosa è quella di preparare la salsa senza la cipolla, mettendo un cinquanta per cento in più di acciughe, saltando il tutto con delle buone tagliatelle artigianali. Una volta impiattato il tutto, guarnire con dell’ottima burrata. Ricetta a cura di David Marchiori, Cuoco e gestore dell’Osteria Palaplip a Mestre e ideatore del Blog incoscienzaatavola.it

Le eccellenze enogastronomiche venete a Gusto in Scena

Tantissimi presidi d’eccellenza veneti e friulani, scelti da Slow Food, a Gusto in Scena, grande manifestazione enogastronomica a Venezia

Grande successo per la manifestazione enogastronomica veneziana GUSTO IN SCENA che ha visto protagonista, lunedì 17 marzo 2014, la star di Masterchef, Carlo Cracco, chiamato a partecipare a CHEF IN CONCERTO, il congresso di alta cucina dove grandi nomi della ristorazione si confrontano nella “Cucina dei senza“. LO CHEF SI TRASFORMA IN GURU DEL BENESSERE E’ infatti questo il tema portato avanti dall’evento enogastronomico veneziano di quest’anno, che ha ottenuto per questo il Patrocinio del Ministero della Salute. Lo chef ormai si si deve preoccupare anche e soprattutto della salute del cliente, trasformandosi in guru del benessere. “Non si tratta di togliere sapore al cibo ma di esaltarne le caratteristiche” dice l’ideatore di GUSTO IN SCENA, Marcello Cremonini. Filosofia sposata appieno anche da Carlo Cracco, che da sempre cerca di intervenire il meno possibile sulla materia prima per educare il palato a distinguer i sapori. Passato ai fornelli,  lo chef  ha preparato la ricetta senza grassi “Rognone cotto sul sale e infuso di china” e quella senza senza sale, “Minestra di Parmigiano Reggiano”. SEDUZIONI DI GOLA: farmaciaitaly levitra ECCELLENZE VENETE E FRIULANE GUSTO IN SCENA ospita poi SEDUZIONI DI GOLA, al piano terra della Scuola di San Giovanni Evangelista, una selezione di numerose specialità enogastronomiche locali, italiane e internazionali. Grazie alla sinergia con Slow Food, sono presenti anche presidi d’eccellenza provenienti dal Frilui e dal Veneto: come la Pitina della Val Tramontina prodotta dall’Azienda Bier di Pordenone; l’Oca in onto dell’Azienda Littamè di Sant’Urbano (PD); la Stortina veronese presentata da Poltronieri Salumi; e l’Asiago Stravecchio dell’azienda agricola Waister dell’Altopiano di Asiago. Inoltre quest’anno partecipano anche grandi realtà di altissimo livello come i cioccolati di Domori e la frutta candita di Agrimontana. MAGNIFICI VINI: 150 vini a confronto GUSTO IN SCENA mette in mostra, con MAGNIFICI VINI (nella splendida cornice del Salone Capitolare della Scuola di San Giovanni Evangelista), anche l’enologia di eccellenza. Gli vini sono esposti in base alla provenienza, mare, montagne, collina, pianura. Quest’anno il Salone dei vini ospita anche cinque cantine internazionali molto curiose, mettendo “vicini” Georgia, Sud Africa, Palestina, Austria. Alcune Cantine sono molto famose e altre sono piccole e ancora poco conosciute( con dei vini eccezionali però, come l’Amarone di Ferragù).

Le Sarde in Saor

Le sarde in saor sono un must della cucina veneziana, non per niente hanno pure il nome in dialetto

Il ‘’saor’’ è nato come conservante: le cipolle imbiondite con aceto infatti servivano nei secoli scorsi per poter preservare il pesce dall’inevitabile deperimento dopo la cottura. Ed è così che sono nate le sarde in saor. Se vi si rompe il frigo però evitate di conservare tutti i cibi sotto un’enorme coltre di cipolle cotte in aceto, mi raccomando. La ricetta delle sarde in saor è piuttosto semplice, anche se magari un tantino lunga e laboriosa. Consiglio comunque di prepararne una tantum una quantità industriale, in modo da poterne avere sempre a disposizione nel caso si avesse voglia di un ‘cicheto’ casalingo al volo. IL SAOR Cominciate col preparare il ‘’saor’’:  tagliate finemente 800g di cipolle bionde, e stufatele in una casseruola con un po’ di olio extravergine facendole appassire con 400 cc di aceto di vino bianco, sale e pepe. A metà cottura aggiungete qualche foglia di alloro, 80 gr di pinoli tostati e altrettanti di uvetta. Una volta ottenuto il saor, mettetelo da parte. LE SARDE Prendete dunque 1,5Kg di sarde. Pulitele dalle interiora e passatele nella farina, non prima di aver messo a scaldare una bella padellona di olio di semi di arachidi. Friggete tutte le sarde, e disponetele in una terrina o pirofila coprendo il fondo. Coprite con uno strato di saor, alternando con uno strato di sarde fino ad esaurimento delle stesse. Qui arriva la parte più difficile: per poter consumare in maniera ottimale le sarde in saor, le stesse dovrebbero riposare in frigo almeno una settimana, permettendo alle sarde di macerare adeguatamente, impresa praticamente impossibile visto lo straordinario potere seduttivo della terrina di sarde. LE VERDURE IN SAOR Come si dice ‘’qualsiasi cosa tu frigga diventa buona’’, figuriamoci se la si mette anche in saor! Negli anni infatti i ristoratori della zona hanno proposto ‘’in saor’’ un po’ di tutto: zucca, radicchio, zucchine, melanzane, ecc. E hanno fatto bene, l’accoppiata fritto/saor risulta infatti irresistibile. Ricetta e testo a cura di David Marchiori, animatore dell’Osteria Palaplip a Mestre e ideatore del Blog Incoscienzaatavola

Il Baccalà Mantecato

Sulla polenta o su un crostino, fritto o a forma di polpetta: a Venezia è d’obbligo mangiare il Baccalà Mantecato

A Venezia se uno vi chiama con l’appellativo ‘’baccalà’’ significa che non ha una grandissima stima di voi, nonostante il baccalà sia una delle colonne portanti della cucina veneziana. Il nome baccalà, tra l’altro, è un grandissimo misunderstanding semantico, visto che normalmente il termine viene utilizzato per il merluzzo bianco conservato sotto sale. A Venezia e Vicenza, invece, il termine baccalà è riferito allo stoccafisso, cioè il merluzzo essiccato. A Venezia il baccalà per eccellenza è il mantecato: lo si trova nel bacaro più sordido fino al ristorante più prestigioso, su di un crostino o su un letto di polenta, o addirittura a mò di polpetta, fritto. RICETTA BASE Prepararlo non è affatto difficile, ci vuole solo un po’ di cura: acquistate del baccalà, secco o ammollato. Va da sé che nel primo caso dovete lasciarlo in ammollo una giornata. Immergete il baccalà in una pentola d’acqua, e una volta raggiunta l’ebollizione fatelo bollire dieci minuti.Io mi accorgo se è pronto quando la schiuma della cottura fuoriesce dalla pentola e inonda il piano di cottura, ma questo fa parte delle cose da non fare a casa vostra. Spegnete e lasciate riposare un quarto d’ora. Una volta scolato il baccalà, lo mettete in una ciotolona, meglio ancora se di una planetaria. Aggiungete mezzo bicchiere di acqua di cottura, un po’ di sale, dell’aglio sminuzzato, abbondante pepe e magari un po’ di pelle del baccalà stesso (il panino con la pelle del baccalà bollita, olio extravergine, sale e pepe è una delizia..). Cominciate quindi a mescolare il contenuto della ciotolona (boule per i più eruditi) con un frustino elettrico, o avviate la planetaria a bassa velocità. Aggiungete quindi dell’olio di semi a filo come se doveste montare una mayonaise, in quantità variabile fino ad ottenere la consistenza desiderata (dai 15 ai 30 minuti). Contrariamente a quanto viene talvolta segnalato, non va usato il latte, e nemmeno l’olio extravergine, che al limite può essere aggiunto come guarnitura o decorazione. RICETTA 2.0 Una variante interessante a questa ricetta è costituito dall’aggiunta di un pesto di pistacchi a metà mantecatura. Provatelo, è delizioso. Ricetta a cura di David Marchiori, gestore dell’BioOsteria al Palaplip, Centrale dell’Altraeconomia, e ideatore del Blog Incoscienza a tavola

Tempo di Carnevale, tempo di “Fritole Venexiane”

Le Fritole Venexiane sono il tipico dolce di Carnevale a Venezia. Vi proponiamo anche la versione salata.

Bene, dopo aver svelato inequivocabilmente sin dalla prima frase l’origine tipicamente veneziana del famoso dolce di Carnevale, andiamo a scoprirne di più sulle Frittelle. Quando ero bambino mia madre, per Carnevale, faceva sempre le frittelle. Poi ho scoperto che usava delle buste già pronte, bastava semplicemente amalgamare gli ingredienti e friggire. LA RICETTA BASE: Frittelle dolci La verità è che la parte più difficile della preparazione delle frittelle sta proprio nella frittura. Per il resto basta amalgamare: 200 cc di acqua400gr di farina, 50 gr di zucchero, 30 di burro sciolto, 1 uovo + 1tuorlo, 25 gr di lievito fresco e 3 di lievito secco, mezza fiala di aroma vaniglia, 50gr di uvetta, 50gr di pinoli, 20 gr di grappa, 20gr di rum, 5 gr di sale. Dopo aver lasciato riposare l’impasto per tre ore dentro un recipiente coperto ben più grande dell’impasto stesso, cominciate a raccogliere con due cucchiai un po’ dell’impasto, formando delle palle di circa 3 cm di diametro da immergere nell’olio di semi di arachidi ben caldo, girandola di tanto in tanto fino ad ottenere un colore bruno. Così facendo la fritola si gonfierà nell’olio fino alla dimensione di 4/5 cm che storicamente la contraddistigue. Una volta rotolata ancora calda nello zucchero semolato, la frittella sarà pronta per essere mangiata. LA RICETTA 2.0: Frittelle Cacio e Pepe Ormai nelle pasticcerie se ne trovano con ogni farcitura: zabaglione, cioccolato, creme varie. Ho quindi deciso di riprodurre una versione salata, una‘’falsa frittella’’ al cacio e pepe. Per preparare questa originale variazione vi garantisco che non occorre essere uno chef stellato, basta infatti mescolare: 200 cc di acqua400gr di farina, 70 di pecorino, 50 di burro sciolto, 1 uovo+ 1tuorlo, 25 gr di lievito fresco e 3 di lievito secco, tanto pepe grattugiato secondo le vostre esigenze, 10 gr di sale. L’impasto poi seguirà lo stesso destino della fritola dolce, sia per la lievitazione che per la frittura, evitando magari di rotolare quanto ottenuto nello zucchero! Ciò nonostante, la fritola cacio e pepe assomiglia decisamente all’originale, sia esternamente che internamente. Inutile specificare che l’effetto al palato risulti decisamente diverso, evitate quindi di servirle come dolce, a meno che non vogliate fare uno scherzo di carnevale. Testo a cura di David Marchiori, gestore dell’Osteria Palaplip a Mestre e autore del Blog INCOSCIENZAATAVOLA

Tiramisù o Zuccamisù?

Si dice che il dolce tiramisù sia stato inventato a Treviso, l’avete mai provato nella versione Zuccamisù?

Il tiramisù è uno dei dolci più diffusi, a casa e al ristorante. Come accade per molte pietanze, il pedigree del dessert non è certificato al cento per cento, ma, le versioni più accreditate della storia del Tiramisù lo collocano come dolce originario della marca trevigiana, e quindi assolutamente veneto, per l’esattezza presso il ristorante ‘’Le Beccherie’’, negli anni ’60. Vero o meno che sia, non esiste ristorante, osteria o tavola calda del nostro territorio che non l’abbia proposto in una delle sue molteplici varianti: con marsala, con gocce di cioccolato, con la ricotta, alla frutta o con i pavesini e gli oro saiwa al posto del classico savoiardo. LA RICETTA BASE La crema, tradizionalmente, propone il rapporto: 100 gr di mascarpone, 1 rosso d’uovo, mezzo albume e 1 cucchiaio di zucchero. Al tuorlo montato con lo zucchero va amalgamato il mascarpone e successivamente aggiunto l’albume rigorosamente mescolato con il cucchiaio dal basso farmaciainitalia.com/propecia.html verso l’alto, altrimenti rischia di smontare. Questa golosissima crema va poi alternata a strati con i savoiardi imbevuti di caffè amaro e conservata in frigo, non dimenticando di spolverare con del cacao amaro la superficie prima di servirlo ( appena prima.. altrimenti si inumidisce tutto e non è un bel vedere). LA RICETTA 2.0 Confesso che anch’io sono caduto nel trappolone della versione alternativa del tiramisù: partendo dall’ossequioso rispetto della ricetta originale, ho pensato di creare lo ‘’zuccamisù’’. Ammetto di aver cominciato dal nome, ma il risultato è eccellente: tra lo strato di savoiardi e quello di crema al mascarpone basta porre uno strato pari ad un quarto dell’altezza totale del dolce di purea di zucca al forno miscelata con  della cannella, senza zucchero. Provate anche voi a proporlo a tavola, nella giusta stagione. Non dico che mi ringrazierete, ma sicuramente farete una bella figura! Testo a cura di David Marchiori cuoco e animatore della Bio Osteria della PLIP, Centrale dell’Altreconomia Veneziana, e ideatore del Blog http://www.incoscienzaatavola.it  

La Venezia più singolare e unica

Da febbraio 2014 spazio alla Venezia più singolare su Venezia.net

Venezia non è solo fatta di circuiti turistici ma è una realtà viva e pulsante. Per questo abbiamo pensato a una serie di rubriche che permettano a tutti di conoscere e visitare la nostra città in un modo diverso, lontano dai soliti percorsi, dai soliti ristoranti, dai soliti negozi per turisti: una guida alla Venezia più singolare. La nuova sezione dedicata alla Venezia più singolare è quella denominata News e Curiosità e la trovate cliccando sul banner sotto le foto in homepage e in fondo alla stessa pagina sotto gli eventi. Le rubriche in partenza questo mese trattano di cucina veneta, dei piatti che caratterizzano la nostra tradizione, anche se con un tocco di innovazione e fantasia; di artigiani, dei tanti piccoli e deliziosi negozi di artigianato che riempiono le calli di Venezia, offrendo prodotti originali, unici e inconfondibili; di misteri e misfatti che hanno caratterizzato la storia della città lagunare, il cui ricordo aleggia ancora nei luoghi dove sono avvenuti. A curare queste rubriche sono veri veneziani, che con il loro impegno e dedizione, da anni cercano di trasmettere al mondo l’idea di una Venezia diversa, e non di un immenso parco delle meraviglie a cielo aperto. Veli presentiamo qui sotto: BRAVI QUESTI! Michela Scibilia, art director dello  Studio Scibilia, curerà la rubrica dedicata agli artigiani e botteghe veneziane. E’ autrice di quattro originali e utilissime guide sulla città di Venezia perfette per i turisti più sensibili: Venezia (e Laguna) LOW COST, Venezia botteghe e dintorni, Venezia Osterie e dintorni, Guida completa all’isola di Murano. Da sempre convinta che “una Venezia migliore è possibile” combatte a suon di pubblicazioni e attività nel campo della cultura, del buon cibo, del buon vino e della buona manifattura, la deriva “Veniceland” della sua città. Michela è un’icona di una venezianità contemporanea. Una venezianità possibile a patto di trasformare le peculiarità in opportunità.  Quando non è al suo amato computer mac (quasi sempre) Michela sfreccia per le calli armata di macchina fotografica e con la scusa di aggiornare le sue fortunatissime guide si intrufola dovunque. Per noi scoverà e porterà alla luce le tante piccole botteghe veneziane che si caratterizzano per un ideale connubio tra innovazione e tradizione. Portatrice sana di un dna pieno di passione e di senso civico, Michela Scibilia sa offrire attraverso il suo lavoro di autrice, grafica, coordinatrice, scrittrice, una risposta positiva e concreta ai problemi della nostra città. Clicca qui per vedere le sue Guide di Venezia UN POST A TAVOLA David Marchiori, cuoco per caso ma per vocazione, è l’animatore della Bio Osteria della PLIP, Centrale dell’Altreconomia Veneziana e ideatore e curatore del Blog incoscienzaatavola.it. David ci è arrivato dopo 40 anni di altro, passando per incarichi di consulenza farmaciainitalia.com ministeriale e anni di terzo settore vagabondando per l’Europa e per il nostro paese parlando di consumo responsabile e filiera partecipata. Membro del Coordinamento delle Reti di Economia Solidale, David adora il cibo come una divinità pagana, ne parla con fervore, si commuove davanti ad un guanciale di Sauris o davanti ad un risotto di zucca. Condannato a questa convinvenza con la pulsione per il cibo, David mescola tradizione con ricerca, innovazione con gusto, facendo giustizia per tutte quelle persone per cui la cucina non è un problema da risolvere ma una vera e propria storia d’amore, di quelle rare, che non finiscono mai. ‘’Ecochef’’ a chiamata per la trasmissione Rai ‘’Geo’’, David predilige le ricette con pochi ingredienti ma buoni, mettendo al bando le ‘sfumate di vino’ o i soffritti a tutti i costi, scalogno compreso, senza disdegnare i ‘’potacci’’, ma di qualità, con una storia da raccontare. David vi conduce alla scoperta delle ricette della tradizione veneziana con ossequiosa attenzione, per poi presentarvene la versione 2.0, quella che si mescola con altre tradizioni della variegata proposta gastronomica del nostro paese, che magari al momento vi spiazza ma poi vi regalerà nuovi e stimolanti sapori. Clicca qui per scoprire il suo Blog di cucina. SCENA DEL CRIMINE Davide Busato, fondatore assieme a Paola Sfameni nel 2006 della società Arcomai Snc, specializzata in ricerche d’archivio e archeologiche, è ricercatore storico e collabora con università italiane e straniere. Per venezia.net cura una sezione dedicata ai più famosi e truci crimini del passato, avvenuti in Laguna. Il noir è il suo forte! Ama passare ore a studiare documenti storici in cui vengono descritti i più efferati omicidi e scoprire misteri rimasti insoluti. È infatti autore del sito www.veneziacriminale.it dov’è rappresentata la prima Crime Map di Venezia tra il Seicento e l’Ottocento e del blog veneziacriminale.wordpress.com. In collaborazione con alcune agenzie di viaggio è ideatore di un’originale itinerario a Venezia dal titolo accattivante: “Calli Insanguinate” il primo tour sul crimine e la Giustizia durante la Serenissima. Con la società Sestante di Venezia, da primavera 2014, è ideatore e organizzatore di spettacoli teatrali noir che si terranno su suggestive imbarcazioni veneziane in moto lungo i canali della magica Laguna di Venezia. Perchè non unire un piacevole giro in barca con una rappresentazione teatrale ad hoc? Con l’archeologa Paola Sfameni ha dato luogo anche alla creazione dell’itinerario “Dalle origini di Venezia tra terra e acqua” il primo percorso in Laguna Nord che porta alla scoperta di chiese e monasteri scomparsi. I suoi libri: I serial Killer della Serenissima: assassini, sadici e stupratori della Repubblica di Venezia (2012) e Venezia Criminale: delitti e misteri del ‘700 (2013) con Helvetia editrice. Clicca qui per scoprire il suo Blog sulla Venezia Criminale

Bacari e Cicheti

Per uno spuntino veloce a Venezia si va nei bacari a mangiar cicheti

Per chi viene a Venezia, sia che si trovi di passaggio sia che ci rimanga un po’ di giorni, è assolutamente d’obbligo fare un giro per Bacari, le tipiche osterie dove si assaporano spuntini e si beve del buon vino, per lo più in piedi, ma a volte anche seduti. Stiamo parlando di uno spuntino rapido, appagante e soprattutto economico. Il termine “Bàcaro ha un’origine controversa: c’è chi sostiene che derivi da Bacco (dio del vino), e chi sostiene che venga dall’espressione “far bàcara”, che in dialetto significava festeggiare rumorosamente. I bàcari sono punti di ritrovo frequentatissimi dai veneziani. Al loro interno è possibile assaggiare ottimi “cicheti”, ovvero stuzzichini di tutti i tipi: dal baccalà mantecato alla polpetta, dalle sarde in saor alle verdurine saltate, dagli scampi alla soppressa. Il tutto naturalmente è accompagnato da un bicchiere di buon vino: prosecco, raboso, cabernet o soave. Al banco vi capiterà di sentire l’espressione “ombra de vin“: il bicchiere del vino a Venezia si chiama tradizionalmente “ombra”, perché i venditori di vino erano soliti mercanteggiare sotto il campanile e per tenerlo fresco seguivano l’ombra. Non possiamo esimerci dal citare alcuni dei nostri bacari preferiti: il “Muro” in Campo Bella Vienna a Rialto, e  lì vicino: “All’Arco“, “Ai do Mori” e “Ae do spade“, in una calletta laterale della Ruga Rialto; “La Vedova“, davanti alla fermata della Ca d’oro; e la “Cantina Ai Schiavi”(chiamato al Bottegon) in Fondamenta Nani, vicino alle Zattere.