Una grande mostra a Venezia, presso il Museo Fortuny, rievoca la figura e il mito della donna che affascinò d’Annunzio e divenne la musa dei più grandi artisti del tempo: la Marchesa Luisa Casati.
La Divina Marchesa. Arte e vita di Luisa Casati dalla Belle Époque agli Anni folli è la prima straordinaria mostra interamente dedicata alla donna che a inizio Novecento, con il trucco esagerato, le trasgressive performance e una vita sopra le righe, fu capace di trasformare se stessa in opera d’arte, leggenda vivente, conturbante e sorprendente rappresentazione di modernità e avanguardia.
Ideata da Daniela Ferretti, curata da Fabio Benzi e Gioia Mori e coprodotta dalla Fondazione Musei Civici di Venezia e da 24ORE Cultura – Gruppo 24, la caleidoscopica esposizione
La Divina Marchesa. Arte e vita di Luisa Casati dalla Belle Époque agli Anni folli presso il
Museo Fortuny di
Venezia conta oltre un centinaio tra dipinti, sculture, gioielli, abiti, fotografie di grandi artisti del tempo provenienti da musei e collezioni internazionali, riuniti in quella che fu la casa-atelier di Mariano Fortuny, che con le sue ricercate sete e i famosi Delphos vestì – insieme a Paul Poiret, Ertè e Léon Backst – i sogni e le follie di
Luisa Casati.
Ma la Casati non fu solo bizzarra ed eccessiva (dai pitoni veri al collo al nude look), spettacolare e trasformista, megalomane e narcisista: il percorso espositivo e gli inediti studi pubblicati nel catalogo (edito da 24 ORE Cultura) le restituiscono una dimensione più consapevolmente artistica, rintracciando la sua attività di collezionista e restituendo alle sue azioni e ai suoi mascheramenti una dimensione estetica che la rende un'antesignana dell'arte performativa e della body art.
Per citare solo alcuni degli artisti in mostra, è datato 1912 il ritratto della Casati che giunge
dal Centre Pompidou firmato da
Léon Bakst, il costumista dei Ballets russes, che da quello stesso anno creò per la marchesa scenografici abiti per le feste più mondane. Una passione per i mascheramenti che ritroviamo nel ritratto con piume di pavone di
Boldini del 1911- 1913 (Roma, Gnam) e nelle due opere realizzate a grandezza naturale da
Alberto Martini, provenienti da collezione francese, che ricordano le sue interpretazioni di Cesare Borgia (1925) e di un arciere selvaggio (1927).
La foto scattata da
Man Ray nella quale gli occhi della Casati sfocano e diventano sei, per un errore nello sviluppo della pellicola, colpì molto la nobildonna. Quella foto, che il pubblico può vedere a Venezia, fece il giro dell'Europa e divenne un'icona surrealista, contribuendo ad alimentare un mito che non cesserà neppure dopo la morte.
Orari
10.00 - 18.00 | chiuso il martedì
Biglietto intero: 12€