Che veleni si usavano a Venezia per eliminare nemici e parenti scomodi?
Per raccontarvi come i veneziani facevano fuori i parenti scomodi o i nemici partiamo da
Veneranda Porta, una delle assassine più famose di
Venezia. Nel 1779 durante la quaresima tenta di avvelenare il marito per la prima volta, attraverso delle zarèse rosse, ovvero delle ciliege rosse. Erano veramente ciliege ? Ovviamente no. Ma Veneranda non trova le quantità giuste e tenta una via diversa. Decide di far bollire per due sere di seguito alcune uova.
Vigeva la credenza, infatti, che un uovo bollito per molto tempo potesse diventare velenoso. Ma anche in questo caso non ottiene nessun risultato. La figlia di Veneranda, testimonia che il successivo tentativo della madre fu quello di procurarsi una boccetta di
olio venefico di scorpione con il quale condire la”panada” una sorta di minestra di pane. Il marito sta male, vomita e forse ha la febbre. Ma poi guarisce. Non soddisfatta dei risultati, nei primi giorni di giugno invia una lettera ad una donna per farsi mandare un
rospo morto dal quale trarre un veleno. Anche in questo caso si basa su una idea molto diffusa nel medioevo, che i rospi potessero essere molto velenosi. Ma sono solo dicerie e il marito ancora una volta non muore. Decide di provare con l'
arsenico. Si procura questa sostanza in pillole e lo mescola al caffè. Il marito sta male ma non succede altro. Cosi decide di usare un sistema molto in voga durante il periodo della Serenissima, acquista dei piccoli
diamanti che macina con un mortaretto e li mescola al riso. Però non sopporta il rischio di un altro fallimento e decide di ucciderlo con un sistema più diretto: la mannaia.
Magia e veleno spesso andavano a braccetto ma come abbiamo visto non sempre funzionavano. Nei fascicoli dei processi per omicidio troviamo sostanze come
risagallo,
orpimento,
napello spesso mescolati a elleboro o acqua di ciclamino.
Ma dove si potevano trovare queste sostanze? In una lettera del 1684 si specifica che il napelo spinoso ce l'ha lo “speziale” della Vigilanza alla Procuratie Vecchie di San Marco. Lo spicier, ovvero lo speciale, era colui che vendeva le spezie e componeva le medicine ordinate dal medico. I veleni erano mescolati a vino, zuppe, polenta, ma il nobile Matteo Bragadin nel 1735, per eliminare il fratello Andrea avvelena la cioccolata e successivamente il caffè, due bevande “nuove” e molto in voga in quel secolo.
Testo a cura di Davide Busato di Venezia Criminale