#Venezia78. Il delitto del Circeo nel film “La scuola cattolica”

#Venezia78. Il delitto del Circeo nel film “La scuola cattolica”

Un tema sempre attuale sulla mascolinità violenta

Valeria Golino, Federica Torchetti, Jasmine Trinca, Valentina Cervi, Benedetta Porcaroli nel film del regista Stefano Mordini “La scuola cattolica” tratto dal romanzo di Edoardo Albinati.

Il film tratta della tragica vicenda degli anni 70, storia di un assassinio e violenza sulle donne ad opera di giovani borghesi. La storia del Circeo è tremendamente attuale ed il film cerca di portare all’attenzione dei giovani un certo tipo di deriva violenta che si ripete nel tempo uguale e con nuove modalità tecnologiche.

Il regista Stefano Mordini racconta che non hanno voluto esplicitare in maniera evidente l’appartenenza storica di questi ragazzi alla destra eversiva, ma nel film, come non hanno mai mostrato la droga ma si intuisce che sono drogati, il contesto del film rivela che si muovono da fascisti prendendosi degli spazi di violenza inaccettabili e in qualche modo costruiscono il territorio in cui questi assassini si sono mossi. Quindi questo lo avevamo dato come elemento di struttura narrativa evidente, anche per impedire che il film potesse essere subito etichettato perché la nostra responsabilità era quella di portare il film il più possibile verso l’oggi, dove quelle differenze non esistono più, come diceva Pasolini “Non è un conflitto necessariamente di classe, l’impunità c’è anche nelle borgate” così come nella classe borghese.

Non è necessariamente un conflitto politico, è sicuramente un conflitto tra uomo e donna, di come l’uomo si permette di esercitare una violenza gratuita per scopi abbietti sul femminile.

Di chi è la responsabilità?

Il film affronta il tema della responsabilità condivisa quindi allargando alle famiglie ed alla società intera.

Ci si domanda quale sia il ruolo delle tre madri del film che hanno sicuramente una responsabilità educativa importante verso i loro figli o una responsabilità nella loro assenza.

Valeria Golino: “le tre madri hanno sicuramente una responsabilità più o meno conscia, quella da me rappresentata penso che lei sia una ignava, ancor più che una ipocrita. Penso che sia una mamma a suo modo affettuosa, molto orgogliosa dei suoi figli, si diverte con loro e fanno parte di un quadro familiare che lei ritiene bello con un padre professore universitario, loro che suonano il pianoforte, considero il figlio un genio e lo strapazza trattandolo ancora come un bambino ma al tempo stesso si lascia trattare alla pari più di molte altre madri.

Lei si reputa una madre “all’altezza” ma penso che lei sia veramente una ignava, forse anche ipocrita ma fondamentalmente ignava cioè colpevole di indolenza e viltà di fronte alle responsabilità del proprio stato.

In realtà questa madre non conosce veramente il marito e non conosce profondamente i figli, Quando poi questo suo mondo si disintegra, non so se questa donna da quel punto in poi avrà una epifania, non so se capirà che anche lei faceva parte di questo accròcco, un insieme disordinato e confuso ma nel film la vediamo soprattutto devastata ed offesa ma non so se questo le farà capire qualcosa di più sulle sue responsabilità ma non credo.

Valentina Cervi: Queste mamme sono responsabili inevitabilmente anche senza esserne coscienti.

Jasmine Trinca: Siamo tre madri borghesi, rappresentiamo l’ipocrisia, tra il dire il fare della doppia morale è molto evidente.

Questa madre ci racconta l’impotenza di quel maschile, un maschile che è stato malamente, diseducatamente caricato per essere infallibile, “mondatore dal peccato del femminile” e non ci riesce quindi, si incazza e degenera e l’idea di esibire il crimine che anche nella borghesia viene preso e portato come una medaglia, è qualcosa che poi ha portato a degenerare tutto il tragitto con le conseguenze che ha ben descritto il regista Mordini.

Stefano Mordini: Tutto quello che abbiamo raccontato fa parte di una verità che si può riscontrare negli atti del processo, nelle dichiarazioni fatte, questo per portare rispetto al dolore ed alla morte di Rosaria e ricordando che Izzo quando esce di prigione ricompie lo stesso delitto con due donne e dopo poco tempo muore anche Donatella. Questo per portare rispetto alla vicenda.

Sul rapporto con la violenza: il punto di vista è sempre quello di Donatella. Quello che potevamo utilizzare per poter raccontare in modo vicino alla realtà senza cambiare l’ordine delle cose.

Su ciò che va visto o non visto: mi sono posto fin dall’inizio di non spettacolarizzare quella violenza e quindi lascio allo spettatore, la responsabilità di capire cosa è successo, specialmente ai maschi che devono ritenersi responsabili oggi come ieri di quello che è successo.

Federica Torchetti, che interpreta Rosaria Lopez una delle ragazze che non sopravvisse alle violenze del Circeo: Ho trovato il tema molto attuale, la violenza esiste ancora oggi soprattutto tra i giovani adolescenti sotto nuove forme quale quella dei social del web.

Questo film dovrebbe trasmettere una educazione che dovrebbe iniziare dalle scuole, dalle famiglie, madri e padri, dagli insegnanti non solo donne.

Oggi esistono dati statistici su quante donne subiscono violenza, le donne hanno imparato a denunciare però si fa ancora fatica a crederle, a volte da vittima passa ad imputata chiedendo come era vestita, se era troppo ubriaca, a che ora è uscita di notte, che ha fatto per provocare, quindi un tema molto attuale.

Benedetta Porcaroli, che interpreta Donatella, la ragazza che si salvò dalla violenza al Circeo e poi morì in seguito: Il film ci ha coinvolti in un senso di responsabilità comune nel voler raccontare questa storia, nel volerla mettere in luce. Il contesto storico e politico di allora è diverso nonostante la dinamica delle violenze continui a ripetersi uguale ad allora.

Credo ci fosse bisogno di un film così che parla di un tema così complesso che continua ad insidiarsi nella nostra società in mille aspetti diversi, come diceva Federica Torchetti oggi ci sono molti più mezzi per sopraffare l’altro, il più debole.

Ho empatizzato da subito con questa storia, con la luce e la purezza che portavano queste due ragazze. Ho cercato insieme a Stefano Mordini, Federica e tutti gli altri,  di raccontare il diritto di essere innocenti.

Mordini: Il film non vuole dare colpe alla scuola cattolica, assume due livelli narrativi, lo si capisce visivamente quando si arriva al Circeo: ci sono dei ragazzi con delle ragazze che vanno in una villa, altri ragazzi con altre ragazze che vanno in una altra villa; in quel momento l’educazione cattolica propone una scelta, un gruppo di ragazzi tornano a casa, fanno una scelta. Invece i ragazzi che vanno al Circeo che partono dalla stessa educazione fanno un’altra scelta.

Questo è il contendere, alcuni non si sentivano e non avevano il coraggio e molto probabilmente avevano tradotto quell’insegnamento della scuola senza pensare di poter uscire impuniti da una cosa del genere e quindi trovano un limite, gli altri no.

Gli altri fanno una cosa in più, abbandonano una macchina in una strada con una donna morta pensando che anche l’altra lo fosse, pensando che qualcuno penserà a liberarsi di questo e quindi a non preoccuparsi della loro condanna, soprattutto pensando che potessero non pagare quello che avevano fatto.

Quindi il film pone l’attenzione sulla libera scelta che ognuno può fare a parità di educazione o scuole frequentate.

Il film prende a prestito il racconto del romanzo di Albinati e lo porta nel confronto ad altro, che non sia solo quello dell’educazione cattolica.

Augurandoci che il ricordo e l’attenzione su queste tematiche portino sempre più ad una coscienza condivisa contro la violenza e nel rispetto profondo della donna.

Diana Barrows