Scena del crimine – Le donne nei bauli

Scena del crimine – Le donne nei bauli

A Venezia quando proprio non si sapeva dove nascondere un cadavere lo si chiudeva in un baule e lo si consegnava alle acque!

Nascondere un corpo a Venezia è tutt'altro che facile, nella sua millenaria storia vi sono due "famose" vicende che vedono il tentativo di occultare la prova del reato nelle profondità della laguna. La prima avvenne con il ritrovamento il 25 luglio del 1729 di un baule che galleggiava lungo il canale di Sant’Agnese. Dentro vi erano i resti di due donne uccise e fatte a pezzi: Giovanna Fortunata e Eleonora Napolitana. L’assassino verrà arrestato alcuni mesi dopo un’indagine condotta dalla Quarantia Criminal, si chiamava Nicola Aragona detto Faragone, studente dell'Università di Padova che aveva intrapreso la carriera di notaio. Il movente era il denaro che l’Aragona avrebbe ottenuto vendendo la casa delle vittome dopo averle eliminate. Venne decapitato tra le due colonne di San Marco. L’8 maggio 1947, a circa 300 metri al largo del Casino degli Spiriti (in foto), all’altezza della bricola 21, tre pescatori di seppie che si trovavano per caso proprio li con il loro sandalo, videro affiorare un altro baule. E anche qui trovarono del "macabro": dopo averlo portato a terra scoprirono che al suo interno era nascosto il corpo di una donna piegata e parzialmente segata all’altezza delle anche. Quella donna si chiamava Linda Cimetta in Azzolin, di circa 45 anni, proprietaria assieme al marito di un bar a Belluno. Per i giornali questo divenne subito il “delitto Cimetta”. La Squadra Mobile riuscì a ricostruire tutti gli ultimi spostamenti della Cimetta che si trovava a Venezia per acquistare una partita in nero di sigarette da rivendere successivamente a Belluno. Le prove li condussero fino alla casa di Bartolomeo Toma, brindisino di 39 anni, residente al civico 5471 di Calle della Bissa, nei pressi di Campo San Bortolomeo. Il Toma fu inchiodato grazie ad alcune macchie di sangue trovate in casa e al fazzoletto della povera Cimetta che era stata uccisa proprio in quell'appartamento. Dopo la confessione fu arrestato assieme a Luigi Sardi, un gondoliere che sarebbe stato complice del delitto. Anche in questo caso il movente era il denaro rubato alla donna. Entrambi finirono in prigione, ma il Toma nel 1960 fuggì dal penitenziaro dell’isola di Santo Stefano, vicina a Ventotene, e dicono morì annegato nel tentativo di evasione. Il complice Sardi usci dal manicomio criminale di Reggio Emilia nel 1973 e la sera del 9 gennaio 1980, in calle dei Fabbri, all’angolo con la calle Gregolina, senza un vero e proprio motivo e all’età di ottant’anni uccise un maresciallo di Polizia, Savino Sinisi. Il gondoliere morirà tre anni dopo in carcere. Due storie legate all'avidità, ai bauli e alle profondità dei canali. Rubrica a Cura di Davide Busato di Venezia Criminale